martedì 18 settembre 2007

PREZZI: I PRODUTTORI DI PASTA DANNO I NUMERI … SBAGLIATI!

IL GRANO COSTA MENO DEL 1993, MA IL PREZZO DEGLI SPAGHETTI E' AUMENTATO DEL 36% DAL 2001 AD OGGI

"I produttori di pasta continuano a dare numeri sbagliati sull'aumento del costo del grano, per giustificare una speculazione in atto sui prezzi"
E' quanto affermano le associazioni dei consumatori - Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori - che aggiungono in un comunicato:
"E' vero che nel 2007 il grano duro è aumentato, ma nel 2005 aveva raggiunto il suo minimo storico... ma i produttori di pasta non hanno diminuito il prezzo... Hanno fatto come i petrolieri, anzi peggio, perché ... i produttori di pasta non hanno mai abbassato i prezzi, anzi dal 2001 ad oggi li hanno aumentati del 36%, pur essendo il prezzo del grano calato ininterrottamente dal 2001 (183 euro a tonnellata) al 2005 (140 euro)".

Le associazioni dei consumatori hanno elaborato i dati Ismea sul prezzo medio del frumento duro (la qualità migliore e più cara in Italia), e ne hanno dedotto cdhe, a fronte di una riduzione del prezzo del grano tra il 1993 e il 2005 (anno in cui il prezzo è stato più basso), il prezzo finale della pasta tra 2004 e 2006 è rimasto invariato.





"I produttori di pasta inoltre affermano che l'aumento del prezzo della pasta inciderà solo per 25 euro l'anno per un nucleo familiare di 4 persone. Anche in questo caso i dati sono sbagliati.
Nel 2006, secondo i dati dell’indagine sui consumi condotta dall’Istat, la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.461 euro.
Il peso della pasta nel paniere Istat 2007 è di 5443, ossia gli italiani spendono lo 0,5443% del loro reddito in pasta, pari a 13,39 euro al mese, pari a 160,74 euro all'anno. Il che vuol dire, che se la pasta aumenta del 20% l'incidenza su una famiglia media italiana è di 32,15 euro all'anno. Questo senza contare che mentre una famiglia media spende solo il 16,3998 % del proprio reddito in prodotti alimentari e bevande, un anziano a 500 euro al mese spende il 46% del proprio reddito in alimentazione".

"Inoltre il costo della materia prima, il grano, incide solo in minima parte sul prodotto finale. Nel caso di spaghetti incide solo per il 22,8% e non del 60% come sostenuto da Unipi. Questo vuol dire che per avere un aumento della pasta del 20% il costo del grano avrebbe dovuto praticamente raddoppiare".

"Anche i produttori di pasta – commentano le 4 associazioni – hanno deciso di difendere strenuamente gli aumenti dei prezzi al dettaglio, ma questi dati dimostrano come i nostri allarmi siano del tutto fondati, e che sbaglia il Ministro Bersani a sottovalutare il fenomeno dei rincari e soprattutto manifestazioni di protesta dei consumatori come lo sciopero della pasta, iniziativa che ha avuto notevole risonanza mediatica".

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